THE DIVINE COMEDY - BANG GOES THE KNIGHTHOOD

Personalmente, il disco dei Divine Comedy era uno dei di quelli che attendevo di più per il 2010. Quello che è stato il miglior album del 2009, The Duckworth-Lewis Method, vantava il coprotagonismo di Neil Hannon proprio dei DC. Il ritorno del musicista irlandese del decennio alla sua creatura prediletta doveva per forza riservare qualche sorpresa, anche perchè il precedente Victory for the comic muse (2006) era un altro gran disco. Possiamo dire che le cose si sono evolute. Dopo due album orchestrali e un ibrido, Hannon prova un'altra via, che se da una parte può portare a Casanova (1996), nello stile ironico, dall'altra è segno di una continuazione di una ricerca di nuove forme sonore. Dove The Duckworth-Lewis Method risultava retrò, dove Victory for the comic muse appariva pieno, barocco, Bang Goes The Knighthood rispolvera la freschezza. Come annunciato, lo strumento a farla da padrone è il pianoforte, in una rassegna di personaggi e melodie diverse. Da questo punto di vista, è emblematica la prima traccia dell'album, Down in the street below, ricchissima di cambi di ritmo. La delicatezza dell'intro e la graduale evoluzione di ritmo e strumentazione sono l'apertura di un album sfaccettato, che passa da soluzioni da songwriter d'alta scuola (Assume the perpendicular) all'indie pop (Neapolitan girl) a richiami alle atmosfere orchestrali, ma alla Bacharach (Have you ever been in love). La tradizione della canzone ha sempre rappresentato un grande punto di riferimento per Neil Hannon, che è ancora fortemente influenzato da Brian Wilson (The Lost Art of Conservation), Bacharach e Gershwin. I Divine Comedy possono pure permettersi momenti di relax, come Can you stand upon one leg e I like, senza pensare a fare grandi cose per rendersi solo ascoltabili. Ma rimangono negati nel presentarsi al pubblico, pubblicando come primo singolo uno dei pochi momenti negativi (At the indie disco). Sempre che non sia una libera scelta di rimanere nell'elite di un eroe della classe media, senza aprirsi al grande pubblico.